MUBI è il miglior sito di streaming d’autore che (forse) non conosci ancora

In questi giorni di quarantena è iniziata una caccia alle piattaforme streaming capaci di offrire un catalogo quanto più variegato, interessante e originale, perché i soliti siti iniziano a stufare e sembrano proporre contenuti sempre uguali. In questo senso MUBI si conferma la piattaforma ideale per chi è alla ricerca di cinema d’autore proveniente da tutto il mondo. Dietro alla piattaforma lavora infatti una vera e propria redazione di esperti del settore, che si occupa della curatela dei contenuti per creare un vero e proprio percorso museale cinematografico attraverso non solo la selezione dei titoli, ma anche la creazione di varie sezioni (titoli in Cartellone; film a noleggio; il Feed che mostra cosa guardano gli altri utenti; il Notebook con notizie, interviste, reportage, approfondimenti; la Comunità, ovvero il social di MUBI integrato a tutti gli altri che usiamo; Focus; Speciali; Retrospettive), evitando di abbandonare il pubblico in un mare di contenuti nel quale è sempre difficile orientarsi. Così, con un abbonamento mensile o annuale (gratis per gli studenti di cinema) MUBI elimina tutte le problematiche riguardanti la reperibilità di un film online, rendendolo disponibile in pochi click.

Dalla fondazione nel 2007 da parte del giovane imprenditore Efe Cakarel, deluso dal fatto di non poter trovare online in qualità decente In the Mood for Love di di Wong Kar-Wai per guardarlo sul suo laptop mentre si trovava in un bar di Tokyo, ci sono voluti alcuni anni prima che si diffondesse nel mondo, fino ad arrivare in Italia 2013. Da allora MUBI è presente in oltre 200 Paesi e nel corso degli anni si è consolidato non solo tra le principali piattaforme di streaming dedicate alla divulgazione e alla fruizione di cinema di ricerca e d’autore, ma anche come la migliore versione digitale e online di una sala cinematografica e, per gli addetti ai lavori, di un festival cinematografico. Per chi vive lontano dai grandi centri urbani, infatti, spesso l’unica possibilità per vedere un film è costituita dai cinema multisala, i quali prediligono lungometraggi che assicurano un alto numero di biglietti strappati, spesso a scapito della qualità della programmazione. MUBI, inoltre, può diventare una soluzione per molti altri appassionati, ma non propriamente addetti ai lavori, che non hanno la possibilità di frequentare un festival cinematografico per via degli impegni lavorativi o della spesa economica che comporta.

In un periodo incerto come quello che stiamo vivendo in queste settimane – che secondo alcune indiscrezioni comporterebbe anche la cancellazione del Festival di Cannes -, potrebbero essere le stesse iniziative a prendere come spunto MUBI per attuare strategie di rinnovamento verso la digitalizzazione. Se nella maggioranza dei casi la principale soluzione adottata da festival e rassegne è stata quella di una ripianificazione degli eventi nei mesi successivi all’emergenza sanitaria – che al momento rimane una data ancora indefinita -, altre realtà, specialmente quelle più piccole come il Cinema Beltrade di Milano o il Torino Underground Cinefest, hanno deciso di intraprendere un percorso differente: mantenere intatta la programmazione attraverso l’utilizzo di piattaforme streaming con le quali è possibile comprare un biglietto virtuale per le proiezioni. L’utilizzo limitato delle sale web da parte dei grandi festival internazionali, che si ostinano a mantenere un modello inalterato nel tempo e spesso obsoleto, è l’ennesimo campanello d’allarme del distacco sempre più grande creatosi fra questi enti e le nuove tecnologie. Una voragine che deve essere appianata per renderli realmente sostenibili e accessibili.

Il sistema di MUBI è stato ideato proprio per rispondere a tutte queste esigenze. Ogni giorno viene proposto un nuovo film, che resta visibile per un mese e viene poi sostituito da un altro, in una rotazione continua. Tutti i contenuti sono inoltre accompagnati da un corredo critico (al momento solo in inglese) che in certi casi completa proprio l’esperienza cinematografica attraverso recensioni, saggi, analisi dettagliate e interviste agli autori. Un’esperienza multimediale che, come replicato di recente da byNWR, unisce in un solo luogo la visione di un film e la sua elaborazione critica.

La promessa di MUBI è che ogni spettatore troverà sempre un titolo adatto alla sua sensibilità e ai suoi interessi, grazie a un catalogo che pesca con attenzione dai principali concorsi internazionali ai grandi classici, passando per focus e rassegne dedicate ad autori del passato poco conosciuti o emergenti da tenere d’occhio. Molte delle opere proposte della piattaforma, infatti, arriveranno difficilmente nelle nostre sale cinematografiche (esistono delle eccezioni, come nel caso di Miserere, ma si tratta sempre di distribuzioni limitate a circuiti di nicchia e non raggiungibili da tutti). Inoltre, trovarsi di fronte a un catalogo così variegato e originale stimola la curiosità, invoglia a uscire dalla propria comfort zone e immergersi in una continua scoperta.

I titoli di punta di questi giorni che vi segnaliamo sono i film di Yuzo Kawashima (Our Town e Hungry Soul), ultimi di una retrospettiva che ha portato le sue opere per la prima volta al di fuori dal territorio giapponese, permettendoci di riscoprire le origini del melodramma giapponese da cui hanno preso spunto altri registi come Isao Takahata. E poi un grande classico del cinema francese, Diario di un curato di campagna (1951) di Bresson , oltre a due documentari scelti della passata Berlinale (Olanda e Talking About Trees) che dimostrano la vivacità di regioni cinematografiche spesso assenti nei nostri cinema come la Romania e il Sudan. Infine, uno dei più celebri cult movie di tutti i tempi: Il vendicatore tossico, che apre una rassegna dedicata alle opere anarchiche e folli della casa di produzione Troma.

Davide Rui

“La nave sepolta” e la possibilità di sopravvivere al tempo

Basato sulla vera storia degli scavi di Sutton Hoo e sull’omonimo libro di John Preston, La Nave Sepolta (disponibile su Netflix) è un film crepuscolare, lento e introspettivo, che si concretizza in un racconto corale incentrato sulla memoria che resta dopo la morte o quanto meno sulla sopravvivenza della vita oltre certi limiti del tempo e della storia. Al centro c’è uno scavo archeologico, avvenuto nel Suffolk nel 1939, alle soglie del conflitto mondiale, durante il quale venne ritrovata un’antica nave del VII secolo, sepolcro rituale del Re vichingo Raedwald. Una scoperta straordinaria che permise non solo di riportare a galla un vero e proprio tesoro sepolto, ma anche di far luce su un periodo e una civiltà ritenuta fino ad allora barbara e incivile, priva di cultura e di significative espressioni di arte. Quel tesoro, tenuto nascosto per tutta la durata della guerra all’interno di una stazione della metropolitana di Londra, avrebbe fatto la sua comparsa solo diversi anni più tardi al British Museum, attraverso una donazione della Signora Pretty – interpretata magistralmente nel film da una pacata quanto sofferta Carey Mulligan.

Diretto dal registra australiano Simon Stone con un cast inglese d’eccezione in cui spiccano Ralph Phiennes, Lily James e Johnny Flynn, il film rende omaggio alla cultura e alla storia, intese come dimensioni che dovrebbero essere accessibili a qualunque essere umano e non relegate a un lusso e un privilegio per pochi. Il regista muove così un’efficace quanto sottile critica allo snobismo intellettuale delle istituzioni accademiche e museali, ormai consolidate e retrograde, spocchiosamente ignoranti in tutto il film (incluso il British Museum), incapaci di apprezzare il valore del singolo, come nel caso dell’archeologo autodidatta Basil Brown (Ralph Phiennes), responsabile della scoperta e della datazione della nave, nonché di condividere fino in fondo quella cultura e quel sapere di cui si arrogano il diritto di porsi come detentori e simbolo. Ed è così la vedova Pretty, proprietaria del terreno, a ergersi a vera promotrice della cultura dalle ampie e moderne vedute, decidendo spontaneamente, dopo l’acquisita potestà in tribunale del tesoro ritrovato, di donarlo gratuitamente al British Museum, affinché dopo la guerra possa divenire un motivo di conoscenza, identità e curiosità per l’intera nazione. La Nave Sepolta, film sottilmente rivoluzionario, tratteggia la Signora Pretty come donna femminista ante litteram, e lo stesso vale per Peggy Piggott (Lily James), donna quanto mai esperta nel suo lavoro ma disprezzata e sottovalutata per il suo sesso, rinchiusa in un matrimonio privo di passione con un collega forse omosessuale ma decisa a emanciparsi non solo dimostrando il proprio talento ma scegliendo liberamente di non sottostare più a un’unione infelice e degradante.

Delicato, profondo, ben recitato e moderno, il film fa uso del grandangolo a restituire la gravità della narrazione, indugiando sui vasti orizzonti dai colori caldi e le tinte ocra, crepuscolari, che pervadono un Suffolk incontaminato, vergine, fatto di campi e spazi in cui gente semplice vive lontana da ogni ipocrisia, via dalle presunzioni di una società troppo “imparata”.  La sceneggiatura di Moira Buffini tesse un film di contrasti, in cui i destini dei personaggi si intrecciano in una stessa missione, nella stessa corsa contro il tempo, minata dall’avvicinarsi incombente della guerra e della morte. La morte che, sotto forma di guerra, si avvicina quasi a sfiorare il piccolo gruppo di ricercatori spersi nelle campagne del Suffolk, indulge nella malattia degenerativa della signora Pretty e infine si affaccia nelle sembianze della stessa nave funeraria, strappata alla terra dalle mani esperte del Signor Brown.

Il tema centrale del film è infatti la celebrazione della vita e la possibilità della vita eterna, non in senso strettamente religioso ma in forma più sottile: la scoperta archeologica rappresenta una possibilità, una speranza mai perduta di trascendere o superare il mare del tempo. Ne emerge una riflessione sul valore riscoperto della storia e dell’archeologia come qualcosa di cui l’uomo, al di là della sua caducità, ha sempre fatto parte e sempre ne farà, sin dai tempi delle caverne, divenendo così immortale. All’affacciarsi della guerra, della morte, della perdita, tutti i personaggi sembrano porsi la stessa domanda: cosa rimarrà di me, cosa mi lascerò dietro? L’unica parvenza di risposta concreta pare provenire dal giovane Robert Pretty, il quale, consapevole della malattia della madre, la conduce in un mistico viaggio tra le stelle per farle capire che lei, la Regina della nave, lì dovrà attenderlo, in eterno cristallizzata nella costellazione di Orione. Ma sarà attraverso la scoperta della nave, attraverso il contributo alla storiografia inglese, che i personaggi della Signora Pretty e di Basil Brown vivranno in eterno, i loro nomi incisi sui cartellini del British Museum. 

“Queer”: tra le crepe del desiderio e dell’identità

A distanza di qualche settimana dall’uscita di Queer di Luca Guadagnino, film discusso e divisivo, tentiamo un’analisi a freddo di un’opera che mette a nudo il lato oscuro del desiderio, l’ambiguità dei legami, la disfunzionalità emotiva di chi cerca un posto nel mondo e dentro di sé.

In uno scenario postbellico in un’epoca in cui l’omosessualità è un reato da occultare e da espiare, Città del Messico degli anni Cinquanta non si limita a essere un luogo esotico: è un rifugio, un angolo del mondo in cui può trovare rifugio chi non si sente accettato negli Stati Uniti, ormai minati da una società sempre più chiusa e normata, cercando di scomparire o cominciare una nuova vita. Ed è proprio quello che fa Daniel Craig nei panni di William Lee, il protagonista del film, che tenta di scappare non solo da un paese, ma da se stesso, dai suoi fantasmi e dal suo dolore. Non riesce a sfuggire però all’amore, quello per Eugene Allerton (Drew Starkey) giovane ex-militare, bello e inaccessibile. Un desiderio che si trasforma presto in fissazione. Quando si valica quel confine sottile tra amore e ossessione, si perde il controllo. Non si tratta più di semplice sentimento, ma di smarrimento, dipendenza, dolore.

Ispirato al romanzo breve di William S. Burroughs, scritto negli anni Cinquanta e pubblicato solo nel 1985, Queer è una discesa in una mascolinità tossica e instabile, dove amore e ossessione si intrecciano fino a diventare una cosa sola. ambiguità e la disfunzionalità dell’essere umano. Il personaggio di Lee, alter ego di Burroughs – con il quale condivide una complicata storia affettiva e di dipendenze –  è pieno di contraddizioni: desidera amare, ma ogni gesto d’amore lo porta a distruggere l’altro o se stesso. È emotivamente instabile e Guadagnino non lo edulcora, rappresentando nella maniera più autentica e cruda ogni sua sfaccettatura.

La regia si concentra meno sulle parole e più sul modo in cui i personaggi si muovono, si toccano (o non si toccano), si desiderano senza riuscire a dirlo. Laddove il romanzo di Burroughs racconta lo smarrimento attraverso parole crude e a volte allucinate, Guadagnino lo rende materico: gesti, sguardi, sudore, silenzi imbarazzanti. Il corpo si fa il principale veicolo narrativo. Diventa desiderio, ma anche limite, frustrazione, un confine a volte invalicabile a causa dell’amore che Lee vive in maniera unidirezionale.

“Ho letto il libro a 17 anni e da ragazzo sognavo di cambiare il mondo attraverso il cinema. Questo romanzo mi ha dato qualcosa di importante: la profonda connessione tra i personaggi, la loro descrizione priva di giudizi, il romanticismo. Tutto questo mi ha trasformato per sempre. Con questo film voglio essere fedele a quel giovane che ero”, dichiara il regista.

È vero, Lee è tossico, narcisista, a tratti molesto. Ecco che, in un’epoca che richiede safe spaces, Queer mette in scena la disfunzionalità, l’incertezza dell’essere umano, i lati più torbidi dell’esistenza, le sfumature grigie e le zone più ambigue del desiderio e dell’identità. E Guadagnino sembra volerci dire che solo accettando l’interezza del nostro essere, con tutte le sue crepe, possiamo davvero avvicinarci a una forma di liberazione autentica.

“La nave sepolta” e la possibilità di sopravvivere al tempo

Basato sulla vera storia degli scavi di Sutton Hoo e sull’omonimo libro di John Preston, La Nave Sepolta (disponibile su Netflix) è un film crepuscolare, lento e introspettivo, che si concretizza in un racconto corale incentrato sulla memoria che resta dopo la morte o quanto meno sulla sopravvivenza della vita oltre certi limiti del tempo e della storia. Al centro c’è uno scavo archeologico, avvenuto nel Suffolk nel 1939, alle soglie del conflitto mondiale, durante il quale venne ritrovata un’antica nave del VII secolo, sepolcro rituale del Re vichingo Raedwald. Una scoperta straordinaria che permise non solo di riportare a galla un vero e proprio tesoro sepolto, ma anche di far luce su un periodo e una civiltà ritenuta fino ad allora barbara e incivile, priva di cultura e di significative espressioni di arte. Quel tesoro, tenuto nascosto per tutta la durata della guerra all’interno di una stazione della metropolitana di Londra, avrebbe fatto la sua comparsa solo diversi anni più tardi al British Museum, attraverso una donazione della Signora Pretty – interpretata magistralmente nel film da una pacata quanto sofferta Carey Mulligan.

Diretto dal registra australiano Simon Stone con un cast inglese d’eccezione in cui spiccano Ralph Phiennes, Lily James e Johnny Flynn, il film rende omaggio alla cultura e alla storia, intese come dimensioni che dovrebbero essere accessibili a qualunque essere umano e non relegate a un lusso e un privilegio per pochi. Il regista muove così un’efficace quanto sottile critica allo snobismo intellettuale delle istituzioni accademiche e museali, ormai consolidate e retrograde, spocchiosamente ignoranti in tutto il film (incluso il British Museum), incapaci di apprezzare il valore del singolo, come nel caso dell’archeologo autodidatta Basil Brown (Ralph Phiennes), responsabile della scoperta e della datazione della nave, nonché di condividere fino in fondo quella cultura e quel sapere di cui si arrogano il diritto di porsi come detentori e simbolo. Ed è così la vedova Pretty, proprietaria del terreno, a ergersi a vera promotrice della cultura dalle ampie e moderne vedute, decidendo spontaneamente, dopo l’acquisita potestà in tribunale del tesoro ritrovato, di donarlo gratuitamente al British Museum, affinché dopo la guerra possa divenire un motivo di conoscenza, identità e curiosità per l’intera nazione. La Nave Sepolta, film sottilmente rivoluzionario, tratteggia la Signora Pretty come donna femminista ante litteram, e lo stesso vale per Peggy Piggott (Lily James), donna quanto mai esperta nel suo lavoro ma disprezzata e sottovalutata per il suo sesso, rinchiusa in un matrimonio privo di passione con un collega forse omosessuale ma decisa a emanciparsi non solo dimostrando il proprio talento ma scegliendo liberamente di non sottostare più a un’unione infelice e degradante.

Delicato, profondo, ben recitato e moderno, il film fa uso del grandangolo a restituire la gravità della narrazione, indugiando sui vasti orizzonti dai colori caldi e le tinte ocra, crepuscolari, che pervadono un Suffolk incontaminato, vergine, fatto di campi e spazi in cui gente semplice vive lontana da ogni ipocrisia, via dalle presunzioni di una società troppo “imparata”.  La sceneggiatura di Moira Buffini tesse un film di contrasti, in cui i destini dei personaggi si intrecciano in una stessa missione, nella stessa corsa contro il tempo, minata dall’avvicinarsi incombente della guerra e della morte. La morte che, sotto forma di guerra, si avvicina quasi a sfiorare il piccolo gruppo di ricercatori spersi nelle campagne del Suffolk, indulge nella malattia degenerativa della signora Pretty e infine si affaccia nelle sembianze della stessa nave funeraria, strappata alla terra dalle mani esperte del Signor Brown.

Il tema centrale del film è infatti la celebrazione della vita e la possibilità della vita eterna, non in senso strettamente religioso ma in forma più sottile: la scoperta archeologica rappresenta una possibilità, una speranza mai perduta di trascendere o superare il mare del tempo. Ne emerge una riflessione sul valore riscoperto della storia e dell’archeologia come qualcosa di cui l’uomo, al di là della sua caducità, ha sempre fatto parte e sempre ne farà, sin dai tempi delle caverne, divenendo così immortale. All’affacciarsi della guerra, della morte, della perdita, tutti i personaggi sembrano porsi la stessa domanda: cosa rimarrà di me, cosa mi lascerò dietro? L’unica parvenza di risposta concreta pare provenire dal giovane Robert Pretty, il quale, consapevole della malattia della madre, la conduce in un mistico viaggio tra le stelle per farle capire che lei, la Regina della nave, lì dovrà attenderlo, in eterno cristallizzata nella costellazione di Orione. Ma sarà attraverso la scoperta della nave, attraverso il contributo alla storiografia inglese, che i personaggi della Signora Pretty e di Basil Brown vivranno in eterno, i loro nomi incisi sui cartellini del British Museum. 

“Queer”: tra le crepe del desiderio e dell’identità

A distanza di qualche settimana dall’uscita di Queer di Luca Guadagnino, film discusso e divisivo, tentiamo un’analisi a freddo di un’opera che mette a nudo il lato oscuro del desiderio, l’ambiguità dei legami, la disfunzionalità emotiva di chi cerca un posto nel mondo e dentro di sé.

In uno scenario postbellico in un’epoca in cui l’omosessualità è un reato da occultare e da espiare, Città del Messico degli anni Cinquanta non si limita a essere un luogo esotico: è un rifugio, un angolo del mondo in cui può trovare rifugio chi non si sente accettato negli Stati Uniti, ormai minati da una società sempre più chiusa e normata, cercando di scomparire o cominciare una nuova vita. Ed è proprio quello che fa Daniel Craig nei panni di William Lee, il protagonista del film, che tenta di scappare non solo da un paese, ma da se stesso, dai suoi fantasmi e dal suo dolore. Non riesce a sfuggire però all’amore, quello per Eugene Allerton (Drew Starkey) giovane ex-militare, bello e inaccessibile. Un desiderio che si trasforma presto in fissazione. Quando si valica quel confine sottile tra amore e ossessione, si perde il controllo. Non si tratta più di semplice sentimento, ma di smarrimento, dipendenza, dolore.

Ispirato al romanzo breve di William S. Burroughs, scritto negli anni Cinquanta e pubblicato solo nel 1985, Queer è una discesa in una mascolinità tossica e instabile, dove amore e ossessione si intrecciano fino a diventare una cosa sola. ambiguità e la disfunzionalità dell’essere umano. Il personaggio di Lee, alter ego di Burroughs – con il quale condivide una complicata storia affettiva e di dipendenze –  è pieno di contraddizioni: desidera amare, ma ogni gesto d’amore lo porta a distruggere l’altro o se stesso. È emotivamente instabile e Guadagnino non lo edulcora, rappresentando nella maniera più autentica e cruda ogni sua sfaccettatura.

La regia si concentra meno sulle parole e più sul modo in cui i personaggi si muovono, si toccano (o non si toccano), si desiderano senza riuscire a dirlo. Laddove il romanzo di Burroughs racconta lo smarrimento attraverso parole crude e a volte allucinate, Guadagnino lo rende materico: gesti, sguardi, sudore, silenzi imbarazzanti. Il corpo si fa il principale veicolo narrativo. Diventa desiderio, ma anche limite, frustrazione, un confine a volte invalicabile a causa dell’amore che Lee vive in maniera unidirezionale.

“Ho letto il libro a 17 anni e da ragazzo sognavo di cambiare il mondo attraverso il cinema. Questo romanzo mi ha dato qualcosa di importante: la profonda connessione tra i personaggi, la loro descrizione priva di giudizi, il romanticismo. Tutto questo mi ha trasformato per sempre. Con questo film voglio essere fedele a quel giovane che ero”, dichiara il regista.

È vero, Lee è tossico, narcisista, a tratti molesto. Ecco che, in un’epoca che richiede safe spaces, Queer mette in scena la disfunzionalità, l’incertezza dell’essere umano, i lati più torbidi dell’esistenza, le sfumature grigie e le zone più ambigue del desiderio e dell’identità. E Guadagnino sembra volerci dire che solo accettando l’interezza del nostro essere, con tutte le sue crepe, possiamo davvero avvicinarci a una forma di liberazione autentica.

Lorem ipsum dolor sit amet, consectetur adipiscing elit. Ut elit tellus, luctus nec ullamcorper mattis, pulvinar dapibus leo.

Panoramica privacy

About this cookie policy

This Cookie Policy explains what cookies are and how we use them. You should read this policy to understand what cookies are, how we use them, the types of cookies we use i.e, the information we collect using cookies and how that information is used and how to control the cookie preferences. For further information on how we use, store and keep your personal data secure, see our Privacy Policy.

You can at any time change or withdraw your consent from the Cookie Declaration on our website.

Learn more about who we are, how you can contact us and how we process personal data in our Privacy Policy.

Your consent applies to the following domains: www.1977magazine.com

[user_consent_state]

What are cookies ?

Cookies are small text files that are used to store small pieces of information. The cookies are stored on your device when the website is loaded on your browser. These cookies help us make the website function properly, make the website more secure, provide better user experience, and understand how the website performs and to analyze what works and where it needs improvement.

How do we use cookies ?

As most of the online services, our website uses cookies first-party and third-party cookies for a number of purposes. The first-party cookies are mostly necessary for the website to function the right way, and they do not collect any of your personally identifiable data.

The third-party cookies used on our websites are used mainly for understanding how the website performs, how you interact with our website, keeping our services secure, providing advertisements that are relevant to you, and all in all providing you with a better and improved user experience and help speed up your future interactions with our website.

What types of cookies do we use ?

Essential: Some cookies are essential for you to be able to experience the full functionality of our site. They allow us to maintain user sessions and prevent any security threats. They do not collect or store any personal information. For example, these cookies allow you to log-in to your account and add products to your basket and checkout securely.

Statistics: These cookies store information like the number of visitors to the website, the number of unique visitors, which pages of the website have been visited, the source of the visit etc. These data help us understand and analyze how well the website performs and where it needs improvement.

Marketing: Our website displays advertisements. These cookies are used to personalize the advertisements that we show to you so that they are meaningful to you. These cookies also help us keep track of the efficiency of these ad campaigns.

The information stored in these cookies may also be used by the third-party ad providers to show you ads on other websites on the browser as well.

Functional: These are the cookies that help certain non-essential functionalities on our website. These functionalities include embedding content like videos or sharing contents on the website on social media platforms.

Preferences: These cookies help us store your settings and browsing preferences like language preferences so that you have a better and efficient experience on future visits to the website.

[cookie_audit columns=”cookie,description” heading=”The below list details the cookies used in our website.”]

How can I control the cookie preferences ?

Should you decide to change your preferences later through your browsing session, you can click on the “Privacy & Cookie Policy” tab on your screen. This will display the consent notice again enabling you to change your preferences or withdraw your consent entirely.

In addition to this, different browsers provide different methods to block and delete cookies used by websites. You can change the settings of your browser to block/delete the cookies. To find out more out more on how to manage and delete cookies, visit wikipedia.orgwww.allaboutcookies.org.

About Privacy Policy

Informativa Sul Trattamento Dei Dati Personali (Privacy Policy)

L’Associazione 1977, Codice Fiscale 94634500154 in persona del Presidente Christofher Lobraico, con sede in Villasanta (MB), Viale della Vittoria, n. 36, (di seguito anche “1977”), in qualità di titolare del trattamento dei dati personali ai sensi del D.Lgs. 196/2003 e successive modifiche – Codice in materia di protezione dei dati personali (il “Codice”) – e del Regolamento UE 679/2016, applicabile a far data dal 25 maggio 2018 – Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (il “GDPR”) (il Codice ed il GDPR vengono, congiuntamente, definiti la “Normativa Applicabile”) riconosce l’importanza della protezione dei dati personali e considera la relativa tutela uno dei principali obiettivi della propria attività.
Prima di comunicare qualsiasi dato personale, 1977 ti invita a leggere con cura la presente privacy policy, che contiene informazioni importanti sulla tutela dei dati personali e sulle misure di sicurezza adottate per garantirne la relativa riservatezza nel pieno rispetto della Normativa Applicabile (la “Privacy Policy”).
La presente Privacy Policy non è applicabile ad altri siti web eventualmente consultati tramite link esterni; è da intendersi quale informativa resa ai sensi dell’art. 13 della Normativa Applicabile a coloro i quali dovessero interagire con il www.1977magazine.com

 1977 ti informa che il trattamento dei tuoi dati personali sarà improntato ai principi di liceità, correttezza, trasparenza, limitazione delle finalità e della conservazione, minimizzazione dei dati, esattezza, integrità e riservatezza. I tuoi dati personali verranno, pertanto, trattati in accordo alle disposizioni legislative della Normativa Applicabile ed agli obblighi di riservatezza ivi previsti.
Di seguito l’indice della presente Privacy Policy, affinché tu possa facilmente trovare le informazioni inerenti al trattamento dei tuoi dati personali.

Indice.
1. Titolare del trattamento
2. I dati personali oggetto di trattamento
a. Dati di navigazione
b. Dati forniti volontariamente
c. Cookie e tecnologie affini
3. Finalità, base giuridica e natura obbligatoria o facoltativa del trattamento
4. Destinatari
5. Trasferimenti
6. Conservazione dei dati
7. I tuoi diritti
8. Modifiche

1. Titolare del trattamento.

Alla luce della Normativa Applicabile, titolare del trattamento del Sito è 1977.

2. I dati oggetto di trattamento.

Per “Dati Personali” s’intende qualsiasi informazione riguardante una persona fisica identificata e/o identificabile, con particolare riferimento ad un identificativo come il nome, un numero di identificazione, dati relativi all’ubicazione, un identificativo online o ad uno o più elementi caratteristici della sua identità fisica, fisiologica, psichica, economica, culturale o sociale.

I Dati Personali raccolti dal Sito sono i seguenti:

a. Dati di navigazione.
I sistemi informatici del Sito raccolgono alcuni Dati Personali, la cui trasmissione è implicita nell’uso dei protocolli di comunicazione di Internet. Si tratta di informazioni che non sono raccolte per essere associate a te, ma che per loro stessa natura potrebbero, attraverso elaborazioni ed associazioni con dati detenuti da terzi, permettere di identificarti. Tra questi ci sono gli indirizzi IP o i nomi a dominio dei dispositivi utilizzati per connetterti al Sito, gli indirizzi in notazione URI (Uniform ResourceIdentifier) delle risorse richieste, l’orario della richiesta, il metodo utilizzato nel sottoporre la richiesta al server, la dimensione del file ottenuto in risposta, il codice numerico indicante lo stato della risposta data dal server (buon fine, errore, ecc.) ed altri parametri relativi al tuo sistema operativo e ambiente informatico.
Questi dati vengono utilizzati al fine di ricavare informazioni statistiche anonime sull’uso del Sito e per controllarne il corretto funzionamento; per permettere – vista l’architettura dei sistemi utilizzati – la corretta erogazione delle varie funzionalità da te richieste, per ragioni di sicurezza e di accertamento di responsabilità in caso di ipotetici reati informatici ai danni del Sito o di terzi e vengono cancellati dopo 7 giorni.

b. Dati forniti volontariamente.
Attraverso il Sito www.1977magazine.com, hai la possibilità di fornire volontariamente Dati Personali come il nome e l’indirizzo e-mail per contattare 1977  attraverso il form “Contatti”.
1977 tratterà questi dati nel rispetto della Normativa Applicabile, assumendo che siano riferiti a te o a terzi soggetti che ti hanno espressamente autorizzato a conferirli in base ad un’idonea base giuridica che legittima il trattamento dei dati in questione. Rispetto a tali ipotesi, ti poni come autonomo titolare del trattamento, assumendoti tutti gli obblighi e le responsabilità di legge. In tal senso, conferisci sul punto la più ampia manleva rispetto ad ogni contestazione, pretesa, richiesta di risarcimento del danno da trattamento, etc. che dovesse pervenire a 1977 da terzi soggetti i cui Dati Personali siano stati trattati attraverso il tuo utilizzo del Sito in violazione della Normativa Applicabile.

c. Cookie e tecnologie affini.
1977 raccoglie Dati Personali attraverso cookies. E ciò con la espressa finalità di offrire una migliore esperienza di navigazione, oltre alle ulteriori finalità descritte nel presente documento e nella Cookie Policy.

3. Finalità, base giuridica e natura obbligatoria o facoltativa del trattamento.

I Dati Personali che fornisci attraverso il Sito saranno trattati da 1977per le seguenti finalità:
a) finalità inerenti l’esecuzione di un contratto di cui sei parte o all’esecuzione di misure precontrattuali adottate su tua richiesta;
b) finalità di ricerche/analisi statistiche su dati aggregati o anonimi, senza dunque possibilità di identificare l’utente, volti a misurare il funzionamento del Sito, misurare il traffico e valutare usabilità e interesse;
c) finalità relative all’adempimento di un obbligo legale al quale 1977 è soggetta;
d) finalità necessarie ad accertare, esercitare o difendere un diritto in sede giudiziaria o ogniqualvolta le autorità giurisdizionali esercitino le loro funzioni giurisdizionali;
La base legale del trattamento di Dati Personali per le finalità di cui al punto a) è l’erogazione di un servizio o il riscontro ad una richiesta che non richiedano il consenso ai sensi della Normativa Applicabile.
La finalità di cui al punto b) non comporta il trattamento di Dati Personali, mentre la finalità di cui al punto d) rappresenta un trattamento legittimo di Dati Personali ai sensi della Normativa Applicabile in quanto, una volta conferiti i Dati Personali, il trattamento è necessario per adempiere ad un obbligo di legge a cui 1977 è soggetto.
Il conferimento dei tuoi Dati Personali per la finalità sopra elencate è facoltativo, ma il loro eventuale mancato conferimento potrebbe rendere impossibile riscontrare una tua richiesta o adempiere ad un obbligo legale a cui 1977 è soggetto.

4. Destinatari.

I tuoi Dati Personali potranno essere condivisi, per le finalità specificate al punto 3, con:
a. soggetti necessari per l’erogazione dei servizi offerti dal Sito, tra cui a titolo esemplificativo, l’invio di e-mail e l’analisi del funzionamento del Sito che agiscono tipicamente in qualità di responsabili del trattamento di 1977 ;
b. persone autorizzate da 1977 al trattamento dei Dati Personali che si siano impegnate alla riservatezza o abbiano un adeguato obbligo legale di riservatezza, quali dipendenti e collaboratori (a. e b. sono, collettivamente, definiti i “Destinatari”);
c. autorità giurisdizionali nell’esercizio delle loro funzioni quando richiesto dalla Normativa Applicabile.

5. Trasferimenti.

1977 assicura che il trattamento elettronico e cartaceo dei tuoi Dati Personali avviene nel rispetto della Normativa Applicabile. Eventuali trasferimenti si baseranno alternativamente su una decisione di adeguatezza o sulle Standard Model Clauses approvate dalla Commissione Europea. 

6. Conservazione dei dati.

1977 tratterà i tuoi Dati Personali per il tempo strettamente necessario a raggiungere gli scopi indicati al punto 3. 
1977 in ogni caso, tratterà i tuoi Dati Personali fino al tempo permesso dalla legge Italiana a tutela dei propri interessi (Art. 2947(1)(3) Codice Civile). 

7. I tuoi diritti.

Nei limiti della Normativa Applicabile, hai il diritto di chiedere a 1977 in qualunque momento, l’accesso ai tuoi Dati Personali, la rettifica o la cancellazione degli stessi o di opporti al loro trattamento, la limitazione del trattamento nonché di ottenere in un formato strutturato, di uso comune e leggibile da dispositivo automatico i dati che ti riguardano.
Le richieste vanno rivolte via e-mail all’indirizzo: info@1977magazine.com 
Ai sensi della Normativa Applicabile, hai in ogni caso il diritto di proporre reclamo all’autorità di controllo competente (i.e. “Garante per la Protezione dei Dati Personali”) qualora ritenessi che il trattamento dei tuoi Dati Personali sia contrario alla normativa vigente.

8. Modifiche.

La presente Privacy Policy è in vigore dal giorno 25 maggio 2018. 
1977 si riserva di modificarne o semplicemente aggiornarne il contenuto, in parte o completamente, anche a causa di variazioni della Normativa Applicabile. 
1977 ti informerà di tali variazioni non appena verranno introdotte e saranno vincolanti non appena pubblicate sul Sito.
1977 ti invita, quindi, a visitare con regolarità questa sezione per prendere cognizione della più recente ed aggiornata versione della Privacy Policy in modo che tu sia sempre aggiornato sui dati raccolti e sull’uso che ne fa 1977.